Lo zucchero è solubile nell’acqua.
Durante la cottura la parte d’acqua viene ridotta in modo da ottenere una sostanza viscosa.
L’evaporazione dell’acqua e la maggiore o minore densità della soluzione che ne deriva, costituiscono la viscosità dello zucchero, che è alla base della sua cottura.
Un tempo, per la cottura dello zucchero si impiegava lo zucchero pilé, mentre oggi si dà la preferenza allo zucchero raffinato-semolato, per la sua praticità.
Il più adatto è lo zucchero di canna, dato che non si cristalizza così presto come lo zucchero di barbabietola.
Per la cottura si usa una casseruola di rame che, come è noto, è un eccellente conduttore di calore.
Da tempo si usano a tal fine anche recipienti di acciaio al nichelcromo.
Al fine di impedire che durante la cottura la soluzione zuccherina trabocchi, si baderà a scegliere una casseruola sufficientemente capace.
Secondo il procedimento più moderno, si calcolano due parti di acqua su cinque parti di zucchero.
Ciò corrisponde a 4 dl di acqua su 1 chilo di zucchero.
Un quantitativo che superi i 2 chilogrammi non dovrebbe essere cotto tutto in una volta.
Ciò vale soprattutto nel caso si tratti di zucchero da stampare o da soffiare.
Prima di cuocere lo zucchero pilé, lo si ammorbidisce, cioè lo si discioglie nell’acqua, mescolando di tanto in tanto.
Dopo un’ora o un’ora e mezzo si pone la casseruola sul fuoco, badando di ripulirne le pareti con un pennello bagnato, affinchè lo zucchero non si caramelizzi provocandone la granitura.
Prima che inizi la vera e propria fase di ebollizione, si forma sulla superficie dello zucchero uno strato bianco-grigio.
Questa spuma deve essere assolutamente asportata con una schiumarola, altrimenti lo zucchero presenterà, a cottura ultimata, un aspetto lattiginoso.
A 84 °R si toglie lo zucchero dal fuoco e lo si passa, di preferenza attraverso un panno fine, onde evitare che rimangano scorie.
A questo punto si aggiunge il glucosio, che sarà all’incirca 1/10 del peso dello zucchero e che si amalgama facilmente al composto zuccherato.
Si prosegue quindi la cottura dello zucchero a fuoco vivace, badando sempre a ripulire le pareti con un pennello pulito.
Il processo di cottura non deve essere protratto oltre il tempo necessario (113 °R), onde evitare che la soluzione assuma una colorazione giallastra, cioè facendola cuocere a gradazioni superiori ove inizia la fase di caramellizzazione e diviene gialla.
Per effetto del glucosio lo zucchero non si caramelizza, ma rimane liscio ed elastico; il glucosio, infatti, impedendo che lo zucchero superi i gradi di cottura, ne evita la caramellizzazione.